giovedì 12 novembre 2009

Il Nastro Bianco - di Michael Haneke

Prima di vedere un film di Haneke, è necessario sempre entrare in sala in apnea e darsi una scrollata da tutti i pensieri per entrare nella storia a piè pari.
Sono film forti, violenti, destabilizzanti.
Funny Games (1997) è il primo che ho visto, in una sala del cinema Quattro Fontane a Roma. Seduto dietro di me Nanni Moretti col casco bianco ai suoi piedi che esclamava: questo film di una violenza gratuita...
Dunque niente di buono, salvo poi trovarsi davanti a capolavori tipo La Pianista che è valso ai due attori protagonisti (La Huppert e Magimel) la palma d'oro a Cannes per migliore interpretazione femminile e maschile.
Certo, discutibile anche in quel caso per la violenza, ma l'adattamento dal libro omonimo di Elfride Jelinek - premio
nobel per la letteratura nel 2004 - è straordinario!
Torniamo al Nastro.
Haneke ha raccontato il suo ultimo film come la storia della genesi del nazismo. Che, a mio parere, potrebbe valere per qualsiasi forma di totalitarismo, laddove si mostra l'inquietante mente di un branco di bambini, cresciuti nel microcosmo di un piccolo villaggio tedesco, nel quale l'educazione rigida non rappresenta la verità della vita, ma una sciocca facciata da disconoscere non appena non si viene osservati.

Il film è narrato da una voce fuori campo e la scelta è azzeccata per un film del genere, che racconta, appunto. Il bianco e nero non poteva essere una forma migliore di contestualizzare le scene più importanti del film: il contrasto diviene forma e contenuto!
Intensa la sceneggiatura e l'interpretazione degli attori.

buona visione,
Robiciattola

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