venerdì 6 luglio 2012

Estate Romana 2012 or not?

Sebbene ogni anno, ogni estate, stia sempre a farmi i miei beneamati calcoli per incastrare tutto ciò che mi interessa, avevo bene accolto la nascita del portale Estate Romana, anni fa, perché era proprio il centro nevralgico di tutto, grazie al quale era possibile pianificare serate-giornate filtrando per interessi: cinema, musica, teatro, bambini etc... e poi orario e data.
Parlo al passato, ma no, non è un portale morto. Tuttavia scrivo questo post perché mi pare che la faccenda si stia facendo piuttosto antipatica e, quanto meno, il portale lo definirei in agonia. Acc...

E questo era un cappello.
Oggi il calendario segna 6 luglio: l'estate è ampiamente iniziata, che ne dite?
Eppure, come potete vedere dall'immagine sottostante, solo da pochi giorni (potete vedere la data in cui ho copiato l'immagine in basso a destra) campeggia - in home page - un trafiletto che inizia con "Presto on line..." e si chiude con il messaggio:
L'Estate Romana 2012 sta arrivando!
No, ripeto, è già arrivata!
Questo portale è solo un aggreagatore di dati, ok, siamo d'accordo. Chiunque volesse, potrebbe andare facilmente sul sito del singolo evento e informarsi: Villa Ada, per Roma incontra il mondo è aggiornato, Luglio suona bene dell'Auditorium Parco della musica, Notti di cinema a Piazza Vittorio, I concerti del Parco di Villa Pamphili... insomma tutti questi non si sarebbero potuti permettere di non "aprire" la saracinesca del programma 2012 per tempo.
Invece una volta tanto che il comune offre un servizio moderno, facile, intuitivo, di promozione, intelligente, questo servizio, dopo un po', implode.
Eppure il comune ha pensato già di farsi pubblicità, per un servizio che avrebbe già dovuto essere attivo, ma non è:



E, dicevo, oggi è 6 luglio, mica pizza e fichi... 6 luglio! L'estate, ci insegnano, comincia il 21 giugno. E, per lo più, tanti eventi sono belli che cominciati, tra l'altro, anche prima del solstizio estivo ufficiale.

Ma evidentemente sono indietro di un mese buono. Ci vorrebbe la Delorian per portarli indietro nel tempo e salvarli dagli strali che gli sto lanciando! Chi? Questi soggetti che, credo, dovrebbero solo inserire i dati in un data base e non costruire un protale ex novo, perché quello c'è già. E, magari, trattandosi di un servizio che offrono ai cittadini e di una promozione che fanno agli eventi in città, credo si possano anche permettere di chiedere ai vari organizzatori i dati già aggregati bell'eppronti per il loro access/sap, così che a loro rimanga solo il mitico push the botton perché siano online!

Così lilla lilla, il 14 giugno (del 2012!) mi sono connessa, certa di trovare il mio bottino, ma no, ancora non c'era neanche il messaggio di cui sopra, anzi... c'era scritto si è conclusa l'Estate Romana 2011, con un bilancio e bla bla bla.
A quel punto, curiosa, sono andata sulla pagina facebook e su twitter e, udite udite, nell'anno di twitter, in cui twittano pure i mufloni, l'ultimo cinguettio di Estate Romana risale a 264 giorni fa (che, nel frattempo, sono diventati 286!!!!!!): "Domenica 25/9 si conclude la mostra fotografica "All'altare di Dio" in programam ai musei capitolini. Info su... 060608". La pagina Facebook, invece, ha pochi "mi piace" e se non fosse per gli utenti che scrivono in bacheca, sarebbe agonizzante anche quella.

Bene,
dopo questo pippone sull'inefficienza del comune di Roma e delle sue aziende dedite alla cultura (tra l'altro Zetema indice spesso concorsi, quindi una persona che curi i social network, per cominciare, ce l'avranno pure, no?), sono passata all'azione.
Ho mandato una mail (e qui tanti non si stupirebbero, ridendone, ho fatto un po' alla Greenberg - film in cui io ero Ben Stiller :) ) a Zetema che appare fra i contatti ufficiali del portale Estate Romana. I punti salienti:
Ma com'è possibile che al 14 giugno ancora niente sia aggiornato?

(...) La pagina facebook, di una città come Roma, piace SOLO a 3.059 persone? ... basita.
Ma siete rimasti nel paleolitico? O aspettate che qualche giovine passi da qualche altra capitale europea e di ritorno qui dica: ragazzi, a xyz in quell'altro paese, sono proprio avanti!!!
(...) Ogni anno è così ed ogni anno mi stupisco che non vi rendiate conto, voi che passate anche per un'"azienda" (Zetema) esperta a cui tutti si rivolgono, ancora non capite che sta roba gira online?!?!?!
L'estate non comincia il 21 giugno, come da calendario, ma prima! La gente programma, decide, compra biglietti, si organizza primaaa! E se voi voleste dare un servizio più efficiente, dovreste organizzarvi primaa!
Perché dare un servizio questo significa.
Tra l'altro i programmi delle varie manifestazioni sono già tutti online, per noi plebe, dunque voi probabilmente avrete avuto la possibilità di averli prima chissà quanto tempo fa. Eppure...
Per caso non avete nessuno che vi aggreghi il dato?
Mi offro. Spero di vedere quanto prima il sito aggiornato a giugno 2012 ché il 2011 è passato da un bel pezzo.
Ovviamente non ho ricevuto nessuna risposta. Purtroppo temo che - in questi casi - non ci sia niente di cui lamentarsi, vero?
Perché è una cosa di cui si può fare a meno, dopotutto. Era solo un servizio comodo, facile, veloce.
Infatti la mia è una triste constatazione. Non può essere nulla più nell'annus domini in cui si cominciano a sentire i tagli a cultura & co (Villa Adriana è sparita dagli eventi estivi). E come disse una volta Elena, studentessa 22enne: ... dovrebbero inondarci di cultura!
Ma io mi chiedo: se questi di Zetema, o chi per loro, non hanno una persona che riesca a scrivere 140 caratteri (nel caso di twitter) per essere quantomeno in linea con il messaggio che, in questi giorni, campeggia in home page, ma che lo chiudessero no? Pagano anche il dominio?!?!
No, dico, è una cosa facile gestire un portale del genere, perché - ripeto - il grosso lo fanno gli altri, quelli che ti mandano i dati che sono interessati, dunque...

Niente, non ce la facciamo. E' sconfortante.

mercoledì 13 giugno 2012

Il "mio" personale Bruce del 10.giugno a Firenze

Ok, biglietto in mano. Firenze, prato, nome e cognome: Bruce Springsteen, quindi sì, tutto giusto. Allora prenoto il treno e via.

Salvo accorgermi, sulla soglia di casa (qualcuno m’ha pungolato!), che il biglietto è ancora sul letto (!). Torno indietro a prenderlo e mi precipito in stazione. 1h e 30’ circa. Carico l’iPhone al massimo. Finisco il libro di Marco Malvaldi e mi preparo a scendere dal Frecciargento. Scatto una foto, aspetto Giovanni e prendiamo un regionale per Borgo S. Lorenzo, first stop Campo di Marte, per avviarci verso lo Stadio Franchi. Seguire la massa prego, senza fare domande. Non occorre!

L’intorno dello stadio ha la faccia di una città in stato d’assedio: carabinieri, ambulanze, vigili, polizia e tanta gente che cammina vagando per i bar alla ricerca di un po’ di partita: ci sono le file per vedere almeno il calcio d’inizio di Italia-Spagna e poi via, tutti dentro, dopo l’ultimissima pipì, ché si sa il Boss tira lungo.
Sale l’emozione, quando siamo in fila. I racconti del concerto di Milano e quello che si è letto in giro, del 2° concerto più lungo della sua carriera (3h e 40’ a 63 anni) sono lì a farci bollire per l’attesa. Entriamo nello stadietto e ci ritagliamo uno spazio. Speriamo non piova… (l’inizio della fine!)

Primo urlo per il gol dell’Italia. Secondo verso di sdegno: la Spagna aveva pareggiato.

Siamo in piedi, trepidanti e lui ci accontenta: comincia alle 20.26.
Attacca con Badlands. Straordinaria energia sprigionata da voce, chitarra e pubblico che lo acclama. L’atmosfera è da subito quella calda di una metà concerto. Incredibile. Lui è raggiante. La sua faccia è soddisfatta, felice, appagata: sta senza dubbio facendo ciò che di più ama. Si vede, si sente e il pubblico ricambia.

Luglio 2009. Olimpico, Roma. Dalle ore 22 in poi, per un tempo così lungo che non potevo immaginare. Io “piccola” e muta assistevo ad un concerto straordinario. Per di più vicina a due fan sfegatati che cantavano ogni parola e mi raccontavano di lui, di Patty Scialfa, della storica E-Street Band come fossero loro amici.
Da subito, quello che di più mi ha colpito, in quell’occasione, è stato proprio l’amore per questo mestiere, ricambiato, dal pubblico alla sua band, tutta, per quanto riesce a trasmettere, in termini di tempo sul palco, voce, entusiasmo, carica, adrenalina.

Giugno 2012. Il Franchi di Firenze. Springsteen ha quasi 63 anni e direi che la voglia di stare sul palco a cantare per i suoi fan non è affatto svanita, anzi si rinnova. È stupendo quello che succede. La mia esperienza è relativa, perché si tratta (sì, io) sempre di una fan non sfegatata e non paragonabile a chi lo segue da decenni! Darkness on the Edge of Town ha la mia età, ecco, per capirci. Ma l’esperienza di queste persone è una botta emozionale senza uguali, credo, vedendoli mi sono fatta questa idea.

Due anni fa, al Festival del Cinema di Roma ho visto The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town, il documentario sulla realizzazione del disco ed ecco. Lì è chiaro cosa lo muove, quello che li unisce, lui e la band, dico: ha un fuoco dentro, non c’è dubbio. Al di là dell’essere fan o no. Al di là del sapere a menadito tutte le lyrics del Boss, questa è la storia di un amore. Cioè non è una roba romantica, no. È molto di più.

E poi è stato tutto un rincorrersi ché meglio tardi che mai! Stavo lì ad aspettare, e tanti appresso a me, The River, ma prima un momento assai suggestivo: My City Of Ruins (mai visto il video in cui la canta Eddie Vedder con Bruce che lo ringrazia dal palchetto? Pelle d’oca. Cercatelo!) al grido di tutto il Franchi Come on rise up! Ed ancora soul, blues, chitarra, voce, le sue coriste, le riprese del palco, dello stadio, delle loro spalle con davanti gli spalti stracolmi del Franchi, un bambino tirato su a cantare con lui e giu il diluvio… definitivo.
No, non è la mia commozione, ma proprio la pioggia. Lì ho capito che l’avrei raccontata sta serata, perché siamo rimasti tutti lì, a cantare, a ballare, nel timido – perché più che altro inutile – tentativo di asciugarci, ogni tanto dai goccioloni e circondata dai “soggetti da concerto sul prato”.
Io sono una che si siede ogni settimana a S. Cecilia, per la musica classica, ma amo quelli che amo, anche e poi, con me, quella sera indimenticabile c’erano Giovanni che urlava in falsetto impazzito, c’era Dario ormai a torso nudo ed occhi chiusi, c’erano due ragazzi genovesi dietro di me e uno di Livorno che ci aveva raccontato dell’anno di costruzione del Franchi (1940), birra in tasca (col tappo!), sigarette e immobile, a braccia conserte. IMMOBILE, giuro, sempre, anche col diluvio. Poi c’era una coppia di Slovacchi: lei cartone della pizza in mano, con vari messaggi per Bruce scritti, ad agitarlo già da mezz’ora prima che iniziasse il concerto. Inizialmente preoccupati per i bicipiti che non avrebbero retto, siamo passati – in 20 circa, tutti intorno a lei, ma per lo più dietro – a urlarle di abbassare il suddetto cartone e lei imperterrita, finché non gliel’ho rubato… s’è ribellata, però.

Siamo rimasti fino alla fine. 3h e 30’ di adrenalina a pacchi. Inutile stia qui a raccontarvi della scaletta che avrete letto ovunque.

Sulle note di Hungry heart (sestultimo pezzo), proprio quando pensavo di non reggere più quella pioggia battente, mi sono riattivata ed ho ricominciato a ballare e così ho continuato fino a Twist & shout… eravamo tutti drogati… magia.

E poi fine (23.53? circa), dopo inchini, uscite, bis, ringraziamenti, prendiamo il coraggio e usciamo, sperando di trovare un’arca, ma no, ci aspetta un viaggio in macchina. Ci smutandiamo (cioè no, solo le mutande c’erano rimaste) tutti e 5 per allontanare il rischio reumatismi che è proprio lì, dietro l’angolo a ‘na certa! E via per Roma. Primo autogrill: entro con un maglione legato in vita, ché sembrava il kilt di tartan scozzese senzanientesotto, una maglietta asciutta dei Pearl Jam e i capelli bagnati che provo ad asciugare sotto ai getti d’aria per asciugare le mani. Mi sento osservata, allora vado via. Alla cassa una fila lunghissima, tutti reduci dal concerto, eppure… non so perché mi guardano!

Tuttoilviaggio, poi, nonsoperché avevo in testa Thunder road, fino a Roma. E non l’ha manco suonata!
Grande. Grazie. Grazie Gio :)

giovedì 31 maggio 2012

Bocca di Dama - San Lorenzo, Roma

Succede che, mentre passeggi per San Lorenzo, in un mare di pubetti, localetti giovini, aperitivaggi, etc... senza saperlo, càpiti davanti a Bocca di Dama.
No, questavoltano, ci sono andata di proposito, perché tutte le volte che mi ci sono imbattuta, in quelle vetrine da pura acquolina in bocca, mi sono detta: beh, qui ci devo venire a dare il santo sacro sollievo periodico alle mie papille gustative e poi rimandavo, me ne dimenticavo, insomma un disastro per una non affetta da alzheimer, no?
Così un sabato io e Fabio ci siamo detti: sì, ma da ste parti (bologna/nomentano/sanlollo/&co.) dove possiamo andare a mangiare, visto che è già tardino e visto che vorremmo provare una cosa nuova etc...??

E così ho suggerito Bocca di dama, sperando che organizzasse un discreto brunch nel weekend. E così fu.
Il locale è defilato rispetto al resto, oltreché in un senso metaforicamente concettuale, anche proprio fisicamente, perché Via dei Marsi, altezza mura, è proprio in fondo alla vietta - appunto - dalla parte della mura e perciò decentrato, ma se lo sai... è facile! :)

Il locale è piccolino e molto carino. La dimensione dello spazio lo rende gestibile, sia come attenzione che come arredamento, con oggetti simpatici, vintage e interessanti.
In realtà se googolate, trovereste la dicitura pasticceria, quindi capite bene che, entrando, la cosa che colpisce sono i dolci e la loro mostra: mmh, che voglia!
La sera per cena però no, la pasticceria non funziona, quindi sono chiusi. Ma in compenso il sabato e la domenica, com'è capitato a me e Fabio, fanno un simpatico brunch. I tavoli riempiono lo spazio della stanza e ce n'è uno "sociale". Su quello al centro ci sono tutte le preparazioni salate e per 20€ potete mangiare tutto ciò che volete, quindi alzandovi più volte, chiudendo poi con un pancake (incluso nel prezzo) su cui potete scegliere di metterci cioccolato, marmellata o crema (molto buona, quest'ultima). E, per finire, un caffè.
I tavoli non sono apparecchiati, quindi nell'angolino che vedete nella foto su, trovate tutto l'occorrente per mangiare, chiedere loro una bibita (inclusa) e fare il caffè (a sinistra si intravede la macchinetta. la cialda ve la danno loro).

Se poi, in alternativa, preferite un loro dolce elaborato, tralasciando il semplice, seppur buono pancake, potete andare verso la vetrina, a rimirare cotanta bellezza, oppure scegliere tra i piccoli dolcetti/biscotti esposti sotto al bancone, pieno di delizie da leccarsi i baffi. Il tutto a parte.

Have a happy brunch!!!

Pasticceria Bocca di Dama

Via dei Marsi, 4
Roma
Tel. +39 06 44341154
Orario: dalle 11 alle 20 (lunedì chiuso)
http://www.boccadidama.it/

mercoledì 23 maggio 2012

Il silenzio. Giovanni Falcone 23 maggio 1992 - 2012

Allora funziona così:
sabato 19 maggio vi siete svegliati, avete scoperto che davanti a una scuola che si chiama Istituto Francesca Morvillo Falcone era scoppiata una bomba che aveva ucciso una ragazza e ne aveva ferite delle altre; quasi tutti (me compresa) avete pensato alla mafia/sacra corona unita, date le coincidenze (nome della scuola, corteo di Grasso, e ricorrenza di Capaci); vi siete arrabbiati (me compresa) per come al sud la mafia, ancora - dopo 20 anni - la faccia da padrone...
ed io per prima, con Elena che ha 22 anni ed è calabrese, come me, e mi diceva:
"... che la lotta alla mafia bisogna farla tutti i giorni, non solo oggi... ", ed io controbattevo: "certo, Elena, tutti i giorni, hai ragione, ma oggi è morta una ragazza ed è un'occasione per ricordare, un'occasione per insegnare a chi ha le orecchie tappate";
ed oggi, 23 maggio, mi sono messa queta queta a scorrere le prime pagine dei quotidiani di oggi.
Niente, niente di niente.
Così un ragazzo di 20 anni (ammesso che questo legga i giornali!!! ... anche online, dico) che non c'era e che, magari, non ha avuto una famiglia che gli ha raccontato cosa è successo a Capaci, concluderà che oggi, nel 20ennale della scomparsa di un importante giudice che portava avanti la lotta alla mafia, non c'è nulla da registrare.
Ma porta putt.... scusate, m'è scappato.

L'esempio sopra è de L'Unità, l'unico quotidiano che mette in evidenza l'anniversario. Un piccolo trafiletto in prima pagina anche per il Manifesto che dice: Falcone raccontato a chi non era ancora nato, appunto. Libero racconta dei nemici di Falcone, a firma di Filippo Facci e sul Corsera il titolo è "Se la Sicilia è ancora la stessa di Falcone" a firma di Giovanni Bianconi.

MA LA REPUBBLICA ???? E LA STAMPA ?

Mi spiace oggi avere questo tono rabbioso. Avrei voluto solo ricordare, anche se, come dice Elena,  bisognerebbe ricordare tutti i giorni...
Ma fossi sicura poi che la gente, i ragazzi, ricordano davvero, ogni mattina, di mettersi nella condizione in ogni parola, in ogni comportamento che tiene di non essere connivente, di non abbassare la guardia, di rispettare tutti, della dignità e della libertà propria e di quella altrui, allora forse avrei taciuto.

E allora poi ringrazio i social network (lo faccio poco, ma ... times are changing), ché un ragazzo di 20anni, più che leggere i giornali sta su Facebook o su Twitter, dove in tantissimi hanno pubblicato la foto di Falcone, le parole di Falcone, ricordando, e mi consolo.

poco però, ancora.


P.S.: Elena mi ha detto anche: "B. e cos'hanno fatto oggi? Hanno cancellato la Notte dei Musei, interrompendo la cultura, quando invece di cultura dovrebbero inondarciiii!!!!!"

martedì 22 maggio 2012

Spain @ Init, Roma - 21 maggio 2012. Non c'è che dire...

Ieri all’Init di Roma, alle 21.30, eravamo in 5. A inizio concerto siamo diventati 49 o 50. Si stava larghi e potevi andare in ultima fila – per quanto non ci fossero proprio… le file! – senza paura di perdere il posto in prima. Certo è che se non fai un disco da 10 anni e non sei una band che si chiama Portishead, può succedere di perdere per strada qualche fan che, nel frattempo, si è dimenticato di te e non è stato attento a questa data romana (oltre a quella di S. Benedetto del Tronto eh!).

Josh Haden

Prima di uscire ho scovato la mia musicassetta di She Haunts My Dreams, il secondo disco degli Spain, e l’ho messa nel mio stereo. Wow! Quanto era bello questo disco e quanto l’ho consumato all’epoca. Ascoltare la voce di lui è come chiudersi in una stanza con pochi amici a suonare… calda, cullante, intima. Dopodicché, quando non ascolti una musicassetta da un bel po’, ti rendi anche conto di quanto il suono digitale sia perfetto e pulito. E bando alle ciance vintage!!

22.30 – 0.40, la durata con una piccola pausa. Hanno eseguito tutto il primo disco The Blue Moods Of Spain in ordine. Lì, sul palco, in silenzio, senza un ciao/thankyou/ben trovati etc…

Dopo la pausa un po’ di fibrillazione, accontentata. Era il 1999, quando è uscito She Haunts My Dreams, sì sempre quello della cassetta. La seconda parte è iniziata con Every time I try, stupenda, ripresa con un piccolo video, emozionato ed emozionante, cantata con molta classe, pulita, profondamente sincera, buttata lì.
La sala dell'Init semivuota

Lui, Josh Haden, ha cantato per due ore e più con gli occhi chiusi, sempre – giuro – ché dopo 10 canzoni è riuscito a dire un modesto thank you e 5 minuti di pausa, ma sembrava più una comunicazione al tecnico, manco stesse sul palco a fare le prove di registrazione. A tre quarti di concerto Josh sorride, a bocca stretta eh, per dire che il ragazzetto alla chitarra compiva giusto ieri 26 anni e AUGURI! E ribadisce: io avevo 26 anni quando ho registrato il primo disco. Tiè! Stava li, Josh, da bravo ragazzo (beh, mo c’ha pure 44 anni… ) cresciuto in USA con le camice a maniche corte con sotto la maglietta bianca girocollo che si intravede ed in mano il suo basso, la sua fede (intesa come anello) e chiuso, di quei chiusi che ti chiedi: ma sarà timidezza o se crede? Beh, dopo averlo incontrato a fine concerto, spalle strette e occhiali a scudo, ho concluso che sì, è un timido.

… e un cognome pesante (il padre Charlie è uno dei migliori contrabbassi nel mondo… jazz per lo più) che però – dico io – pregiudizi? Nel suo caso, direi che no, non ci credo, perché le aree musicali di interesse sono talmente di nicchia e talmente diverse che non credo gli sia costato qualcosa in termini di pregiudizio, ai più. Magari per gli intenditori… ma la maggior parte dei fan di lui non credo sapesse, all’epoca del suo esordio, chi fosse Charlie Haden. Dunque, quello di Josh è un talento vero, magari nei geni c’era una rampa di lancio già pronta, sì, ma guadagnato da lui solo.
buon ascolto, sempre

P.S.: e siccome sta famiglia Haden… nel 2008 mi sono regalata questo progetto di famiglia, appunto, promosso da padre Charlie: Charlie Haden Family & Friends: Rambling Boy, dove tuttimapropriotutti (essì che, facile, so’ pure 4 figli!), moglie compresa, cantano la loro parte per questo disco country!
Altro da segnalare? Sì. Uno degli ultimi concerti visti all’aperto a La Palma (bel locale per la musica. Ma perché ha chiuso? Mistero) è stato quello di Petra Haden e Bill Frisell, in un concerto portato avanti insieme. No, la ragazza non mi è piaciuta (con una debole eccezione: la cover di Moon River), come forza, tenuta del palco, voce. Lì ricordo di aver pensato che i figli d’arte…

giovedì 19 aprile 2012

Appunti durante un concerto: Shostakovich e altre amenità in Sala

Sottotitolo:
dello strapotere dello smatphone multiuso

in Sala, prima di suonare
Solo i percussionisti fanno i pensatori con le mani in mano, finché non suonano.
Stasera Sostakovic e i mirabili violoncelli davanti. Gli archi, anche se non suonano, hanno le mani occupate.
La Batiashvili ha un vestito rosso natalizio. Anche il braccio, mentre suona, le diventa rosso natalizio (mai vista sta cosa)!
Piovani è in rosso, anche lui.


laddove le signore si tuffano sulle patatine
Ed io, al solito, circondata da più che pensionate con odori di naftalina e/o (che non so se sia peggio la congiunzione o l'avversativo) profumi antichi per cassetti… atkinsons.

Oltre a ciò si sentono i soliti malanni (leggi tosse) degli spettatori, tra le note. Sob.
Ma stasera - colpo di scena - un bastone di legno cade per le scale della galleria. Che numero!
Le signore accanto a me rivanano nelle loro borse in cerca degli occhiali, non curanti della musica che suona…

profondo rosso poltrona

Arrivano le voci bianche, oltre al coro super. Su una sessantina di ragazzini, quanti ne conto da quassù - età media 13 anni -, ce n'è una rasta (!) e ben tre rossi di capelli…
 

Le spettatrici russe, venute a canticchiare un po' nella loro lingua, sono in infradito. Mi pare coerente.
Amenità, dicevo, appunti durante un concerto.

r.

martedì 10 aprile 2012

Il famoso viaggio della speranza: ma perché si chiamerà così?


Salita sul treno a Crotone alle 13.12, direzione Catanzaro Lido.
Lì avrei dovuto prendere un treno per Lamezia Terme, ma è stato soppresso.
Panico.
Ci offrono un fantastico giretto per le campagne calabre, tra CZ Lido e Lamezia, con soste alle stazioni di Sambiase e Nicastro.
Accanto a me un signore che, in un'ora, avrà fatto 15 telefonate in inglese per sbrogliare gli affarucci (an englishman - che tanto english non era - in Calabria) ed io che comincio a friggere per il timore di non arrivare in orario.
Davanti alla stazione: Traffico! Io comincio ad agitarmi, imprecando contro i vigili che

cosacistannoaffareeee? che so tutti in doppia filaaaaa, dove c'è scritto BUS, grande e giallo???

L'autista mi fa: non ti preoccupare che mo si spostano questi, sennò... noooo, non lo perdi il treno!
Mi fido.
E infatti. 5 min di ritardo. No problem.
Ma il tabellone recita:
Regionale per Cosenza 15.42: 10' di ritardo
IC per Roma Termini 15.53: 5' min di ritardo.
S'accavalleranno?
No, prima passa la diligenza regionale.
Poi arriva l'IC.
Salgo.

Prima classe e, nello spazio tra bagno e intercapedine, fumano o pensano di fumare fuori, perché stanno sulla soglia, ma in realtà, lo sbuffo finisce all'interno.
Che dire?
Per ora nulla. Cerco prima di guadagnare una posizione decente, ma nel mentre li incenerisco con lo sguardo. Lo notano temo. Temo? puff... chi io?

Detto ciò, guadagno - dicevo - il famoso strapuntino nel corridoio, che ogni 3x2 ti devi scansare un po' per fare deambulare gli altri viaggiatori alla disperata ricerca di un bagno.
No, per carità, come tutti sanno, ci sono due bagni per carrozza, su ogni treno. Siii, certo....
Vabbè, c'era molta gente.
Comunque la fumeria è continuata per un bel po', ahimè ed ahiloro.
Che fare?
Sguardo cattivo al capotreno.
Sguardo cattivo ai fumatori.
Due paroline qui e là.

Insomma tricche tracche, siamo giunti, con pochi minuti di ritardo: 21.50. Tiè.
La speranza, dunque, dopo tutte queste ore dalla partenza della disgraziata ionica è... arrivare.
Ecco perché.

Entrata in casa alle 22.15.
YEAH!

martedì 3 aprile 2012

La Cavalleria un po' Rusticana, un po' gentile

Ieri sono andata ad ascoltare La Cavalleria Rusticana, o meglio, un pezzo di questa opera, composta da Mascagni e cantata in dialetto siciliano (è tratta da una novella di Giovanni Verga): finalmente no deutsch, no italiano aulico, ma siculo e James Conlon (direttore made in U.S.A.) che ripeteva il testo, durante la direzione, il che probabilmente lo aiutava a sentirsi più compenetrato nella parte. Compare Turiddu e Santuzza sul palco della Sala Santa Cecilia.


Mi accomodo nella mia consueta galleria laterale, dopo aver incrociato Peppe Servillo disorientato in fila in biglietteria. Apro un libro per leggiucchiare qualche pagina prima che comincino a suonare. La sala non è proprio gremita, ma sì c’è gente. Intravedo, alla mia sinistra, una signora che l’ultima volta che avevamo assistito a una roba cantata, se l’era cantata lei, tutta, accanto a me. Oddio… speriamo non la sappia!

Poi dall’alto, al solito, tutti gli abbonati della platea – per lo più – che si incontrano ogni settimana si salutano e parlano di feste, beneficienza, affari, insomma fanno salotto prima dell’inizio del concerto che se non cominciassero ad abbassare le luci, a una certa, rimarrebbero a ciarlare tuttoiltempo! Poi c’è qualcuno che s’aggiusta la sua cuccia per farsi un bel sonno. Essì, ne vedo di teste che si afflosciano durante i concerti: giusto ieri mi sono chiesta che ne pensassero i cantanti di questo pubblico debosciato.

Non capita spesso che oltre al coro ci siano anche i cantanti e, devo dire, che non mi piace molto in genere, però ieri è stato bello assai, perché i 5 facevano un po’ finta di essere sul palco di un teatro dell’opera, più che su quello di una sala concerti e quindi recitavano i loro pezzi cantati, dando pathos a tutte le azioni e le parole, nonché sottolineando i passaggi musicali.

Mi chiedo sempre dove prendano i costumi queste cantanti liriche che fuori dall’opera indossano abiti improbabili stile museo, tranne la mamma di Turiddu. Aveva una certa, era evidente, eppure il suo vestito lasciava intravedere reggipetto ed elastico delle mutandine… Ma poi è entrata Lola (il nome del personaggio) ed eccolo lì, il vestito stile tenda, con tanto di scialletto che non manca mai in cotante occasioni! Ma perché si devono coprire le spalle (o le braccia cascanti…)? Mica siamo in chiesa! Devono dare un senso di classico? Ma qui, più che di classico, mi pare vecchio, da soffitta, impolverato… bah.

Poi, alla mia sinistra, la tipa ha cominciato a disegnare l’aria con le mani, seguendo la musica e il suo vicino dirigeva e cantava, allo stesso tempo, in preda all’euforia… non ne potevo più. Mentre la signora alla mia destra cantava pure, ma era appassionata e simpatica.
Non so perché a casa mia, della Cavallerie Rusticana, negli anni, non si sia molto parlato. Le favorite rimanevano i classici di Puccini e Rossini. Stop. Poi al massimo, ogni tanto, faceva capolino l'Andrea Chénier con la sua mitica aria La Mamma morta, interpretata da una incredibile Callas.

La Cavalleria Rusticana è un misto di suoni celestiali, che ai più – uniti al concetto “arcaico” di musica classica che hanno – risulterebbero insopportabili, e cavalcate, appunto, rustiche... che – metaforicamente – restituiscono esattamente le sensazioni dei suoni delle percussioni, dei fiati…

Non manca poi l’applauso goffo, stentato e in un momento in cui – dai, ormai lo sanno tutti – non c’entra niente. Sì è etichetta. No, non è una questione di snob del cavolo! Ma solo perché, evidentemente, se il direttore non s’inchina e chiede di fermarsi con gli applausi, vorrà pur dire che non ha finito, no?
E allora diventa rispetto per qualcuno che di musica ne capisce di sicuro di più di quello che capisce lo spettatore medio che batte le mani.

L’altra giornata di Cavalleria è domani e non, come al solito, stasera. Se vi va, andate a provare.

Orsù

giovedì 29 marzo 2012

17 ragazze di Delphine e Muriel Coulin

Ieri ho visto 17 ragazze. Avevo sentito l’intervista a una delle due registe pochi giorni fa e così mi incuriosiva lo svolgimento della storia, il cui incipit era ispirato ad un fatto realmente accaduto.


Sì, perché nel 2008 è davvero successo che 17 ragazze dello stesso liceo, rimanessero incinte nello stesso momento. Poi, dichiarava la regista durante l’intervista, il resto della storia è stato riscritto. Ma quello che sembrava turbare la Coulin era il divieto fatto ai minori di 14 anni di vedere la pellicola, “… in Italia e in nessun altro paese, nemmeno in India!”.

Ma il punto è il solito, nel nostro paese: Perché???
No, ma prima voglio parlare del film, brevemente.
La regista ha dichiarato che fare il casting di ragazze non professioniste è stato interessante, visto il tema richiesto, soprattutto nel vederle prendere confidenza con il loro corpo per muoversi meglio in quella situazione.

Camille (Louise Grinberg) è la protagonista. Bella, sfacciata, a tratti indisponente. Una leader. Coinvolge le amiche più care in questa piccola rivoluzione: a lei si è rotto il preservativo ed è già di otto settimane, ma voi perché non vi unite a me?. Le ragazze, le altre, non ci pensano molto su e accettano. In realtà, poi, questa rivoluzione tira fuori tanta voglia di indipendenza e complicità, ma anche molti fantasmi, paure e conflitti, con i genitori, con la scuola, fra loro stesse. Il tutto si svolge in un paese bretone, sul mare, in cui molto probabilmente la monotona quotidianità mette loro addosso la voglia di novità.

In alcuni momenti c’è un’ottima fotografia che sembra voglia sottolineare il sogno: come quello che ripete Camille alla fine: non si può impedire ad un’adolescente di sognare.

Chi pensava di impedirlo? Lo sgomento dei genitori e di alcuni professori, forse. Durante una riunione c’è chi si dice scioccato, chi invece pensa che sia il loro modo di autodeterminarsi e perché no a 17 anni?

Dunque è un problema sociale quello che affronta questo film. Grave perché la nascita di un bambino non può essere ‘na botta de vita, un calcio alla noia. Grave perché vuol dire che il disagio è profondo, se fuga dai genitori, novità, convivenza con le amiche etc… si traducono con gravidanza!

L’infermiera, ahimè, poi dice una grande verità parlando con Camille: "tu sei forte, ma hai trascinato altre, in questa storia, che potrebbero rimetterci". E questa roba succede dalla notte dei tempi: personalità forti vs. deboli. Sob!

Sul divieto, che dire? Che novità c’è nello scoprire che siamo sempre i soliti falsamente puritani? Solo in certi casi, poi, che a guardarli bene sono proprio quelli, i casi, che tratterebbero con dolcezza, senza violenza o volgarità, temi difficili da affrontare per chiunque. Questa è una storia. Il film racconta di adolescenti che vivono un microcosmo in una realtà contemporanea, che molti adolescenti conoscono bene. È una storia, dunque, dicevo che parla con loro, volendo, ma anche ai loro genitori o a chi si occupa di loro, con il loro linguaggio che è fatto anche di sesso e di spinelli.

Diamo per scontato che l’istinto delle adolescenti/spettatrici (italiane) suggerisca loro di imitare quello che vedono, nella storia, mentre magari potrebbe attivarsi una riflessione, la capacità di valutazione che spesso  sottovalutiamo. Diamo loro una chance, o anche di più.

Da spettatrici, meglio 17 ragazze o Amici di Maria De Filippi?
Per quanto mi riguarda, per il secondo non basterebbe un divieto!

P.S.:
In verità il 23 marzo, giorno dell’uscita del film è uscita un’ANSA che comunicava che il divieto era stato ritirato, dopo il ricorso fatto dai distributori.

mercoledì 14 marzo 2012

La Siria… ancora

Ad agosto avevo scritto questo post – in cui ricordavo della mia visita ad Hama – spinta dagli eventi tragici di quel periodo, in quel paese.

È marzo, eppure nulla si è calmato. Tutt’altro, direi.

L’ONU non condanna completamente, perché alle sue risoluzioni pongono il loro veto quelli che possono: Cina, Russia e Cuba, sebbene non mi spieghi le “ragioni” (ammesso che gli altri due ne abbiano e ne dubito) quest’ultima…
Ma cosa deve succedere ancora? No, dico, cosa ancora oltre a tutti questi mortammazzati?

Sì l’ho amata assai la Siria e non mi stanco di ribadirlo. Ma non c’entra questo.
E, forse, non c’entra nemmeno la religione, ma solo il potere. La religione è sempre, o quasi, una scusa.
Oggi ho trovato questo passo, nel libro che sto leggendo Leggere Lolita a Teheran (di Azar Nafisi), che è ambientato negli anni della rivoluzione e subito dopo:
Il proprietario era un armeno (…) c’era un cartello a caratteri cubitali che non riesco a dimenticare: MINORANZA RELIGIOSA. Tutti i ristoranti gestiti da non musulmani erano obbligati a esporre quel cartello bene in vista, così i buoni credenti, che consideravano impuri i fedeli delle altre religioni e non avrebbero mai mangiato dagli stessi piatti, erano avvisati.

Spesso, dunque, è un fatto di cecità.

Detto questo come si fa a non notare che siamo immobili, ancora, un’altra volta, davanti a un massacro filmato, fotografato, di cui abbiamo prove e testimonianze?
Possibile, davvero è possibile che si abbia il coraggio di buttare fango sulla storia e ammettere candidamente che non ci abbia insegnato nulla, dalla Bosnia al Ruanda, per nominare i crimini più recenti, ai quali abbiamo lasciato spazio perché i massacri avvenissero senza che nessuno dicesse basta, puntando il dito?
Niente, nessuno impara ed io non so i perché. Ma parlo di un perché che abbia senso, non di petrolio, religione, potere etc…
Assad è tornato da Londra per fare questo? Ma chi comanda davvero? C’è qualcuno dietro di lui?

Giorni fa, su twitter, scopro – tramite radio24 – che padre Paolo Dall’Oglio (nella foto quissù) sta provando ad avvisare che, in Siria, si sta rischiando di ripetere il Ruanda.
Padre Paolo l’ho incontrato. Correva giu dalle scale del “suo” monastero Deir Mar Musa, fuori Damasco. È lui, un francescano, che si occupa della “gestione” del monastero, tentando di facilitare l’incontro tra religioni così apparentemente diverse, ma molto simili, per certi versi. Basta volerli vedere.

All’epoca, nel 2007, sono rimasta molto colpita spiritualmente da questa persona e da questo luogo. Una specie di eremo in mezzo al deserto. Solo che non era esattamente un eremo solitario, tutt’altro. A Mar Musa ci può andare chiunque a pregare, a dare una mano, a portare cibo, a visitare anche semplicemente la piccola chiesetta che padre Paolo si è impegnato a fare riconsacrare, sebbene nella raffigurazione di inferno e paradiso, nel primo fossero presenti i vescovi!

Un panorama incredibile, tante scale, un gatto e i sorrisi dei monaci. Quando ti affacci dalla terrazza dove in genere si mangia, la sensazione è di levità assoluta, giuro.
Al mio ritorno, ho trovato le foto di Ivo Saglietti al museo di Roma in Trastevere. Le immagini raccontavano la vita quotidiana al monastero di Mar Musa e dell’incontro con le altre religioni. Ero emozionata. Nel bookshop del museo ho comprato il libro Sotto la tenda di Abramo che contiene tutte le foto, più la premessa di padre Paolo dall’Oglio, che se fate i bravi ve la mostro.
Ha 57 anni ed è uno di quelli che si fanno in 4 per contribuire al dialogo laddove sembra che non ci sia pace. È stato minacciato di espulsione. Adesso leggo che qualche giorno fa, soldati armati hanno fatto irruzione nel monastero, mentre padre Paolo non c’era, per cercare armi e soldi. Senza successo. Se vedeste, capireste che lì i soldi sono il riso e le patate e di armi… nemmeno l’ombra.

Io spero di non sentirvi piangere, prima o poi, per questi massacri siriani.
Sarebbero litri di lacrime inutili, se poi a queste non dovessero seguire interventi per fermare questa violenza.
Siamo tutti bravi a commuoverci. È facile. Ma almeno singhiozzate e urlate il vostro sdegno.
Spero di non sentirvi piangere, dicevo, tanto per fare sentire che siete commossi. Non basta.

r

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...