giovedì 23 novembre 2006

Un mercoledì da Babel

Ieri ho visto Babel, di Inarritu (c'è la tilde sulla 'n', pronunciate bene!) e non so decidermi.
4 storie, legate e l'avanti/indietro tipico del messicano (il regista n.d.r.)! Un Brad Pitt bravino e invecchiato (due incredibilli borse sotto gli occhi) dalla sceneggiatura o dalla vitaccia cui il nuovo matrimonio con la Jolie l'ha costretto, sempre in giro ad adottare bimbi?
Ok, gossip a parte, ho amato più di tutte la storia giapponese, con le luci intermittenti di Tokio che svettano sui grattacieli, poichè mi è sembrata l'unica che abbia chiuso il cerchio prima della fine del film! Le altre storie sfumate, di corsa.
Forse, semplicemente, non ho ancora metabolizzato; tuttavia la sensazione è che i film di Inarritu siano sempre come una discesa su uno scivolo, velocissima, e chi ti guarda non vede il tuo volto; come quando fotografi una macchina in corsa e non distingui i tratti del viso delle persone all’interno! Sono sfuocati, monocolore.
Come quando un foglio di carta, sul quale è disegnato un volto, si bagna e rimangono delle macchie indefinite.

Sempre politici, sempre sociali, sempre di grande tolleranza

2 commenti:

Anonimo ha detto...

come poter biasimare le borse sotto gli occhi di Brad con la sfiga che ha nel film?
Carini gli spunti per gli intrecci, ma...sperando di non essermi abbioccata in qualche momento saliente...non sono stata colpita più di tanto.
Lau

Anonimo ha detto...

l'ho visto ieri al madison, la sala di roma probabilmente più adatta alla visione. perchè? perchè il madison è un cinema a sè, uno dei pochi multisala che non appartengano a nessun circuito, una macroscruttura gestita in maniera quasi artigianale. e poi la zona: via chiabrera con la surreale presenza (vicinissima, icombrente ma invisibile) della basilica, il recente passato della banda della magliana che ha frequentato per un po' quelle vie (nella realtà formale degli atti, in quella iperreale degli aneddoti della gente, in quella sub-reale del romanzo, in quella pop-reale del film). e poi sono tornato a casa e a notte fonda c'era ferro 3 su skycinema. m'è quasi sembrato che la visione iniziata con babel fluisse, una storia in più ad intrecciarsi, a sovrapporsi. le palline da golf in dissolvenza sull'elicottero alla frontiera messicana (o quello in marocco?). sì, ok. ma babel? al cinema si cerca evasione o stimoli per riflettere. un buon film miscela le due cose. e poi ci sono i film che vanno oltre questo, che ti spiazzano senza farti male, che ti danno un ceffone ma al rallentatore, che ti urlano ma il suono è distorto e ovattato, ti svegliano e allo stesso tempo ti intorpidiscono. m'è sembrato naturale andare lì, come se il parcheggiare vicino al cinema fosse già il prologo, l'attacco dei titoli di testa. e il tornare a casa una un contenuto-extra di scene aggiuntive. sono sensazioni che mi capitano soltanto con certi film asiatici, inarritu e amenabar. il doppiaggio dei messicani è allucinante, sembra veneziano. renderne la parlata cantilenante originale non è facile, ma il risultato è stato comico. il pastore marocchino (il padre dei due bambini) è il sosia di luca bizzarri. ok.. una nota ortodossa di critica: il montaggio del film è magistrale, molte delle scene hanno una regia così naturale, così reale che ottiene gli effetti che il ridicolo dogma di lars von trier ha cercato di codificare / imporre con scarsissimi risultati.

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