mercoledì 14 luglio 2010

Bright Star di Jane Campion

Bright Star è l’ultimo film di Jane Campion.
Jane Campion, per capirci, è la regista di Lezioni di Piano. A volte ho pensato, vedendo i suoi successivi, che quel film le permettesse di campare di rendita. Difficile doppiare quella perfezione. Senza sbavature. Illuminante. E quello, da solo, la farebbe stare di diritto nell’Olimpo. Tuttavia Bright star mi ha fatto gongolare. Certo, non aspira comunque al livello del lungometraggio con la musica di Michael Nyman, ma devo ammettere che mi ha molto emozionato per diversi motivi.
Isoliamolo.
La storia si svolge prima del 1821, anno della morte di John Keats, poeta tra i più romantici. Qui si narra del suo innamoramento per Fanny Browne. Le prime immagini hanno una notevole grazia, mentre ritraggono le mani di lei che cuciono. E si vedono campi di fiori e le inquadrature sono davvero bellissime, con quell’alone sbiadito appannaggio di tanto sense of… english.L’osservazione, da vicino, di qualcuno mentre lavora a qualcosa è sempre affascinante, grazie ai movimenti delle mani che non nascondono le articolazioni che danno loro sempre una forma diversa e in evoluzione.Fanny è una ragazza fuori dal comune, conosciuta, e spesso derisa, per il suo bizzarro modo di vestirsi. Ma lei si cuce gli abiti da sola, confezionando tutto, quasi accarezzando le stoffe, cosa per la quale sembra vivere, cosa alla quale non rinuncerebbe mai. Ogni momento riflette il suo mood. E’ un modo per interiorizzare la gioia e il dolore. Tutto diventa stoffa perfetta. Da quando si incontrano, Keats sembra trovare l’ispirazione per molte delle sue più belle poesie. La storia è molto romantica e i due attori sono entrambi notevoli. Lui è Ben Whishaw che ha interpretato Jean-Baptiste Grenouille, il protagonista, nella trasposizione cinematografica de Il Profumo di Patrick Suskind. Lei è Abbie Cornish, la stella del film. In tutti i sensi. Lei, Fanny è la “bright star” di cui parla Keats nella poesia:

Bright Star
Bright star, would I were stedfast as thou art
–Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priest
like taskOf pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors
–No–yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow’d upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever–or else swoon to death.

Stella Luminosa
“Stella luminosa, fossi ferro come tu lo sei
ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte,
a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno,
come paziente di natura, insonne eremita,
le mobili acque al loro dovere sacerdotale
di puro lavacro intorno a rive umane,
oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta
della neve sopra i monti e le pianure.
No - pure sempre fermo, sempre senza mutamento,
vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,
sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,
e così vivere in eterno - o se no venir meno nella morte”.

Da più di qualche sguardo e attenzioni di entrambi, i due cominciano ad innamorarsi, lentamente, con delicata passione, desiderando anche solo sfiorarsi le labbra, tenersi per mano. L’attrice emana un sorriso radioso, così come sembra quasi spirare quando i due innamorati si separano. E’ importante come la regista e i suoi interpreti riescano a far vivere allo spettatore le attese, i sogni, i desideri che in questa storia si consumano, ogni giorno, con le stagioni che passano, a scandire i battiti dei loro cuori. Non è sdolcinato, ma dolce, non è carta da zucchero, ma romantico, come solo poche volte si riesce ad essere, senza rovinare la bellezza di una sentimento rendendolo inutilmente sterile. In queste immagini sembra vivere in ogni respiro, coltivato in ogni sguardo e, nemmeno a dirlo, in ogni parola scritta e trasmessa all’amato/a.
“E’ questo l’amore, maman?”, chiede Fanny disperata.
E’ soffrire? Ci chiediamo tutti.
Il grande dilemma di sempre.
Jane Campion trovo che lo racconti bene. Come se ogni ora non avesse senso, se non si bruciasse di amore. Viverlo val sempre la pena che rinunciare.

R

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