martedì 2 novembre 2010

Facebook & Zulu

Ieri sono stata al Festival del Cinema di Roma (28 ottobre - 5 novembre), alla sua 5° edizione, per la proiezione, tra gli eventi speciali, del film “The Social Network”, che racconta la storia di Facebook e del suo fondatore Mark Zuckerberg, diventato miliardario com’è noto. Prima del film sono saliti sul palco Luisella Costamagna e Luca Telese (conduttori di In onda, su La7) che hanno introdotto il film, in piedi e sempre col piede in là, per la serie “facciamo in fretta”, dunque detto tra noi ne potevamo proprio fare a meno. Poi è arrivato anche l’attore protagonista Jesse Eisenberg che, sotto la pioggia di domande dei due di cui sopra, è sembrato maturo, pronto, disinvolto, per quanto non vip da star system (ma è dell’83, quindi ha pure il tempo di diventarlo) e chiarissimo “No, non sto su Facebook, perché faccio l’attore, dunque sono già un personaggio pubblico”.


Il film non è affatto male. David Fincher alla regia è quasi sempre una certezza. E che lui si sia messo a fare un film su un argomento così commercialmente appetibile, beh, diciamo che costituiva la garanzia sufficiente che non fosse un prodotto banale.

Siamo nel 2003. La prima scena mi ha fatto precipitare in un caos notevole… ma pregevole. Il protagonista chiacchiera in un dialogo serratissimo, moderno, alla velocità della luce, in un botta e risposta con la sua ragazza. Più che un nerd, lo definirei un genio incantato dalla novità, dall’evoluzione dell’esperimento, ma - come si ripete spesso - non dal denaro: “a Mark non importa dei soldi”. Il ritmo è buono, anche affogante a volte in questo tentativo di ripercorrere, anticipare, flashback e flashforward si alternano in scoperte, sorrisi, ma anche stanze in cui si sostengono le due cause che quasi subito lo hanno travolto. Memorabili in questo i gemelli canottieri: due marcantoni biondi dall’occhio languido e dalla voce da androidi. Tanto dice sulle associazioni universitarie (quelli con le lettere dell'alfabeto greco), anche se non ne parla poi tanto, è chiaro il riferimento all’elitarismo cui fanno capo. E tanto pure sulle reazioni a catena di internet, per i ragazzi, e non, di oggi. Un piccolo microcosmo universitario che spiega tutto un mondo di suoni, voci, riflessioni e realtà diverse. Harvard. Ma queste, forse, sono mie considerazioni sul caso. Tuttavia, temo che ci sia un non so ché di mozzato in questo film, come se si volesse vedere il resto di questo… gioco. La storia è storia e ok. Ma poi che succede al genio? La parabola sembra lui, più che quello che succede al mondo intorno e allora incuriosisce.

Tornata a casa, ho sfogliato l’ultimo numero di Internazionale e mi sono imbattuta in un curioso caso di coincidenza, per come l’ho letto io, leggendo proprio l’editoriale del Direttore del settimanale, Giovanni De Mauro:

Filosofia
Appunti al margine di un’intervista televisiva di Fabio Fazio a Sergio Marchionne. SM lavora diciotto ore al giorno, per senso del dovere. SM dice di sé che fa il metalmeccanico. SM propone per gli operai della Fiat tre pause di dieci minuti, anziché due di venti. SM ha il passaporto italiano, quello canadese e la residenza in Svizzera. “Fiat potrebbe fare a meno dell’Italia?”, è una domanda di FF e non una frase pronunciata da SM, come invece scritto da alcuni giornali. A quella domanda SM ha risposto: “Io le sto dicendo che se dovessi togliere la parte italiana da quei risultati, la Fiat farebbe di più”. SM è laureato in filosofia. sm dice di essere “un agente di cambiamento”. SM definisce gli operai della Fiat “i nostri collaboratori”. Stipendio mensile di un operaio della Fiat: 1.200 euro. SM in un comitato di gestione della Fiat ha citato un proverbio zulu (Umuntu ngumuntu ngabantu, che vuol dire \"Una persona è una persona tramite altre persone”). Lo ha scoperto leggendo la rivista di bordo delle linee aeree sudafricane.

Giovanni De Mauro
Dove la coincidenza sta nel fatto che questo proverbio zulu, evidenziato in neretto, sia tragicamente assimilabile alla parabola di oggi su Facebook. Che i zulu abbiano capito tutto prima di Zuckerberg?

Comunque, tornando al Festival, devo dire che l’ho trovato peggioratello. Più disorganizzazione, approssimazione, etc… non sembra ci sia dietro un pool di esperti che dirigono la baracca, ma pare quasi che si tiri avanti da sola, senza fili.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...