giovedì 31 marzo 2011

Brad Mehldau Solo - Auditorium Parco della Musica - 29 marzo 2011

Il sole di fine agosto.
Ma quella è un’altra storia.

Ieri Brad Mahldau, con la sua camicia viola ha suonato un concerto di 1 h e tre quarti in Sala Sinopoli. Una sala che mi piace tanto. Raccolta, meno dispersiva, più confidenziale.
Anche Bollani di venerdì 25 è stato lì. E’ un diverso modo di suonare e rapportarsi al pubblico. Ma dipende da come sei, trovo. Bollani è una personalità esplosiva, estroverso, simpatico. Questo, per molti, si scontra con l’immagine del talento jazz. Per molti ha a che fare con un modo di mostrarsi. Per me ha a che fare col fatto di non poter fare a meno di essere come sei, nemmeno sul palco e, quindi, finisci per coniugare il tuo talento di pianista, con la forza della personalità che deve essere platealmente mostrata. Sei su un palco, del resto. Che mostri il tuo talento o la tua personalità… le due cose, finiscono per fondersi. Il risultato di questa fusione, per quanto riguarda Bollani, è piuttosto piacevole.

Mehldau ha una personalità del tutto diversa. E’ un timido, riservato. Suona ad occhi chiusi. E la sua faccia è visibilmente compenetrata al pezzo che sta eseguendo. Studia. Riproduce i pezzi di artisti di altro genere musicale, cominciando così il suo concerto con una versione tutta relax e bassi di Smells Like teen spirit che poi presenta, per chi non l’avesse riconosciuta, con quei ta na na naa, ta na na naa, ta na na naa, yeah…(anche lui un suono del pianoforte!), dei Nirvana, anzi di Kurt Cobain, come ha detto lui. Poi evita un moscerino che gli gira intorno, ma lui con la mano sinistra continua a suonare e con l’altra lo scaccia un po’, sorridendo sotto i baffi (metaforici. Non ce li ha) insieme a noi. Poi un pezzo “by me”, dice e, a seguire, Bittersweet simphony dei Verve. Questa mi è nuova. Legata com’ero alle sue cover di The Day is done di Nick Drake, Paranoid Android dei Radiohead e Teardrop dei Massive Attack che mi hanno conquistato, buttate qui e là – tra i pezzi suoi – nel primo suo disco acquistato.

Ha una formazione classica, eppure sembra che abbia rivoltato le sue corde a favore del jazz, con questi gusti rock che entrano nel panorama della sua musica come fossero una seconda pelle. Senza colpo ferire.

Dice due parole due, in italiano: “sono… felice, contento, di essere qui, a Roma” e poi, più sciolto in “english-usa”, per presentare quanto suonato fino a quel momento. Ricomincia con i Beatles di Blackbird. Io quasi commossa, ché dei Beatles, ultimamente, sto facendo una colonna sonora costante. Termina con Hey Joe di Jimi Hendrix. Credo. Non c’è stato tempo di elencare il “suonato”, perché s’è goduto gli applausi, ma penso di non essermi sbagliata.

Tornerà, probabilmente, quest’estate con Joshua Redman, in Cavea.
If you love jazz, you can’t miss him!

1 commento:

Anonimo ha detto...

:D

lui è come i disegni a matita su fogli di carta corposa.

Meglio

V

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