martedì 24 marzo 2009

Simone Veil VS Roberto Benigni

Stamattina leggo sul Corriere una notizia su Simone Veil e Benigni e per un attimo la mia mente mi ha riportato a una Simone, che di cognome faceva Weil e di mestiere la filosofa, che ho stimato. Ma non era lei e mi sono risvegliata contrariata e stanca di tentare di capire l'accanimento da una parte di popolo ebraico, verso il film di Benigni La vita è bella. La politica francese Simone Veil tuona sul nostro connazionale, dicendo che il premio Oscar consegnatogli nel 1999 per questo film non è meritato.

A dispetto di tanti genocidi verificatisi nel corso di questo ricco, serrato, veloce secolo, quello del popolo ebraico è certamente il più ricordato, perché la "memoria" è finanziata da un popolo che ha la possibilità di farlo, perché tanti intellettuali si sono fatti portavoce del dolore provato dai loro familiari, amici, perché hanno credito e perché la loro presenza è assicurata in ogni paese del globo.
E tanta parte dell'intellighenzia, della cultura mondiale ha fatto presto ad occuparsi a 360° della Shoah. Il cinema, i libri, ogni evento è permeato dalla memoria, dalle interviste ai sopravvissuti ai processi e i WANTED per i gerarchi nazisti. La cultura ebraica è rimasta indissolubilmente legata all'Olocausto ed è giusto poiché il ricordo si mantiene vivo e, per certi versi, convince molta gente che così facendo la storia possa non ripetersi. Falso! Il Rwanda e la Bosnia, per dirne due, sono la dimostrazione che nel mondo ci sarà sempre un matto pronto a usare violenza per convincere il "suo" popolo che è migliore di un'altra minoranza.
Detto ciò, con amarezza, perché contesto la francese?
Lei sostiene che usare un argomento come l'Olocausto è una facile via che porta all'Oscar, e forse è vero, ma aggiunge che è superficiale ricamarci sopra una favoletta di poco spessore che riduce il tutto a un fatterello.
Questo concetto contesto.
La vita è bella narra, per me, di un padre che vuole aiutare il figlio a non vivere un profondo dramma in tenera età, segnandolo per sempre. In fondo è questo che fa un genitore, no? Quindi, in questo, molto realistico. Fatto alla maniera di Benigni. Il resto è un contorno.
ODDIO, OLTRAGGIO!
No, se lo scopo è la memoria, allora la favola di Benigni è solo un mezzo per ravvivarla... in un modo diverso dal solito (come fu anche per Train de Vie).

Sull'Oscar non credo che una politica, seppur sopravvissuta, debba pronunciarsi. E' un premio cinematografico, che ha si un risvolto sociale, ma è pur sempre un premio artistico ad un'opera che ha di certo un nobile intento, deprecabile pare per alcuni, ma comunque un film dal quale si esce innamorati di Guido e della sua geniale idea per accompagnare dolcemente il figlio in un momento drammatico.

Ma la Veil non ha amato nemmeno Schindler's List, film serio su una storia realmente accaduta, che liquida come una "favola americana". Temo, dunque, di dover concludere che la signora francese non abbia un'opinione rilevante in merito, almeno per me.

Buona giornata,
Robiciattola

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Premetto che a ME "La vita è bella" non è piaciuto, ma questo commento della Veil mi pare la solita spocchiosa supponenza di (alcuni) francesi.
Sono d'accordo con te sul significato del film di Benigni, sono totalmente in disaccordo con la francese quando dice che esso riduce l'Olocausto ad un fatterello. E' proprio quello che dici tu, ovvero la storia di un padre che cerca di fare di tutto per evitare un trauma al figlioletto. E allora cosa dovrebbe dire proprio di quel "Train de vie" che tu citi? Film splendido che pare dissacrante e che invece è di una tristezza infinita...
ma detta tra noi... ma chissene frega di 'sta tizia?

Robiciattola ha detto...

Infatti: chissene.
Il problema è che troppa gente apre la bocca per dargli fiato credendo di dire il giusto e molti di questi hanno troppo spazio tra media & co.
dunque...

su ieri sera in TV: se chi ha tanto spazio fosse un po' più Saviano e meno Veil...

:)

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