lunedì 5 settembre 2011

Scienza e Sentimento di Antonio Pascale

Tanti anni fa ho letto una raccolta di racconti che si chiama La Manutenzione degli affetti di un tale che si chiama Antonio Pascale. Mi è così piaciuto leggere quel libro: scorci di semplice quotidianità dei protagonisti di ogni storia, il tipo di racconto, la costruzione il ritmo mi hanno provocato un coinvolgimento tale che non ho più perso di vista questo autore.
Da quell’epoca, non più molti romanzi per lui, diventato direttore editoriale di una collana di Minimum fax, ma molti piccoli saggi che ho scoperto essere, pian piano, delle chicche di quelle che leggi d’un fiato, ma che ti fanno ridere e scoprire un amaro in bocca che però ne vorresti leggere ancora, perché è una commistione ben assortita di gusti.
Era da un po’ poi che volevo leggere Scienza e sentimento. Ne avevo sentito sempre recensioni ottime e così l’ho scelto come libro da tenere sotto l’ombrellone, che è più una sorta di filosofia che una vera condizione, visto che io sotto l’ombrellone non ci sto mai. Di quelle scelte bizzarre sì, ché quando gli altri leggono Fabio Volo, io leggo Pascale, tiè! Però ognuno si regola, no? Capitoletti brevi e, dunque, tra un tuffo e una spalmata al sole per abbronzarsi un po’ ché però non ce la fai, perché non sai dove mettere il libro, per coprirti gli occhi dal sole e però devo pure abbronzarmi, no? quindi aiuto… insomma, bisogna trovare un compromesso.
Detto questo, vorrei consigliarvi vivamente la lettura di questo libretto che consta appena di circa 150 pagine, in cui si affronta il tema di come spesso, oggi, tutti mettano bocca su tutto, senza analizzare le cose nella loro complessità ed evoluzione. Più facile delegare un metre a penser, no? Si parla, dunque, per lo più di come un cosiddetto intellettuale medio possa o debba metter bocca su temi scientifici, in particolare, senza sapere veramente di cosa si stia parlando. Tutto nasce, infatti, da un articolo titolato o contenente la frase non esistono più i pomodori di una volta.

In questo saggio, quindi, si parla di biologico in modo dissacrante, accendendo tutta una serie di lampadine su cose a cui di solito non si pensa, perché i metre a penser non sono i tecnici – come invece forse dovrebbe essere, aggiungo - ma gli intellettuali, che per i più lanciano su un’enorme quantità di argomenti frasi a effetto su giornali, online o cartacei, indovinando momento e pubblico… e pure quella è una dote, pure quella è una genialata , dopotutto, no? O è la moda? O è la società?
Fatto sta che tra vari concetti e argomenti, Pascale si districa, raccontando, argomentando e rafforzando anche con aneddoti della sua vita più o meno privata, con ironia e della sua vita accademica di studente di agraria, con altrettanta bizzarra ironia. E, quindi, aggiungerei, competenza.
Dunque, di fatto, un po’, lui gli intellettuali – o cosiddetti tali (io ho sempre un po’ riso di questa definizione… come si fa a dire di una persona che è un intellettuale? È un po’ generico come inquadramento di un personaggio e non c’è una laurea in intellettualismo… no?) – li prende un po’ in giro, soprattutto quando, gli sembra, che il tutto sia forzato e molto trendy. Sono morta schiantata dalle risate, per esempio, quando parla de La Cura di Battiato, canzone che amo e, come dice lui: amano tutte le donne… etc etc etc, ch in macchina, se capita che la radio passi questo pezzo, urlano tutte in coro sospirando: alza alza alza… mamma mia che bellaaaa… quante veritàààà etc etc etc. Beh, questa canzone usa delle parole articolate e volutamente complicate, per colpire di più l’ascoltatore. E Pascale dice: ma non sarebbe meglio dire le stesse cose in modo semplice e, forse, più efficace?

Riporto qui:

(…)
Ricordo ancora le uscite di sabato, in macchina, verso una pizzeria. Il sabato sera, l’attesa della domenica, quel senso di pace e naturalmente la radio accesa: Battiato cantava e le mie amiche mi chiedevano di alzare il volume: alza, alza! Battiato cantava: scioglierò i tuoi capelli come trame di un canto, sorvolerò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce… non ti farò invecchiare, perché sei un essere speciale e avrò cura di te! Poi la canzone finiva, io abbassavo il volume e notavo con la coda dell’occhio che le mie amiche mi stavano guardando. Storto.

Volevano dirmi: tu non sei così!

Ma come si fa a essere così?
(…)
non può dire: scioglierò i tuoi capelli come trame di un canto, il suo rapporto con il prossimo è più pratico, umile, sarei tentato di dire, più democratico: senti, hai qualcosa nei capelli, mo’ te la tolgo.

La cura è una dichiarazione di potenza, la manutenzione è una dichiarazione di limiti: più di questo non posso. Non posso sciogliere i tuoi capelli come trame di un canto, mi so alzare solo sulle punte e le correnti gravitazionali le conosco così e così.
Se cercate in rete, insomma, di saggi di Antonio Pascale ce ne sono molti che potete acquistare, contando su uno stile ironico, ma pregnante. Ce ne fosse insomma di gente che sdrammatizza, che si prende poco sul serio, che guarda tutto con occhio serio, ma utile, serio, ma ironico, serio e incoraggiante verso una vita vissuta con più leggerezza e con più coscienza, ma tecnica, competente, con le giuste informazioni, fonti e metre a penser.
Buona lettura, sempre!

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