martedì 24 gennaio 2012

A.C.A.B. di Stefano Sollima

Una persona mi dice che ha letto il libro A.C.A.B. di Carlo Bonini (un altro giornalista investigativo serio che ha lavorato molto con Peppe D’avanzo). Gli è molto piaciuto.
Dice che “alla fine non sai da che parte stare”.

Io esco da questo film sgomenta. Mette paura.
Non ho letto il libro, ma il film non rimane molto in bilico, ho l’impressione.
Mi piace Sollima.
Ha sensibilità nel tenere l’inquadratura sugli occhi dei suoi attori, studia la luce o qualcuno l’aiuta a farlo, fatto sta…
Mi piace come sceglie la musica. Così ha fatto anche in Romanzo Criminale, la serie.
Mi piace come sceglie e dirige il cast. Un cast facile dirà qualcuno... romanacci che parlano romanaccio.
No.
Sì, anzi. È facile fare i romanacci? NO! E loro sono la crema dei romani che sanno recitare e bene, anche nel “loro” dialetto. Bravi da morire.
Li avete sentiti gli attori romanacci della serie fare altro? V’è parso di udire accento romanesco? Mmhh… non siete stati attenti. Giorni fa mi hanno suggerito di guardare l’episodio di Faceboom in cui Andrea Sartoretti (Er Bufalo, per capirci) era il protagonista. Beh… stupefacente!
E il Freddo a teatro che recita Dino Campana?
E Nigro (che con Romanzo Criminale non ha a che fare, eh) che in Diverso da chi? interpreta un gay, oggi è un celerino che sprizza odio, violenza e virilità.
Sì, perché – eccoci – per chi non lo sapesse, A.C.A.B. è l’acronimo di All Cops Are Bastards e, dunque, la premiata ditta Favino, Nigro, Giallini (il Terribile di Romanzo Criminale) nel film è vestita proprio da polizia. Celerini, appunto, per la precisione. Sartoretti ne è uscito. E Domenico Diele, un altro giovanissimo talentuoso, si trova a imparare che significa essere un fratello.

Il racconto è candido, sincero. Il ritmo è infallibile. Gli occhi alla luce e le teste in penombra. Sempre. Dubbi pochi, ma chissà qual è poi la realtà.
Perché te lo chiedi durante il film.
Ti assilla la domanda… il perché… quando nominano Genova, la Diaz, ti si attorciglia lo stomaco… la chiamano “la macelleria messicana”. Durante il film stai lì a chiederti se è tutta la verità. Chi ha raccontato a Bonini questa storia? Un ex poliziotto?
C’è qualcosa di dannatamente sopra le righe o è tutto reale?
La casa del poliziotto Favino forse è un tantino carica: quadro del duce, le spade dei samurai, quadri col saluto romano, varie ed eventuali. Ero in imbarazzo.
Quando ho visto Favino che picchiava per la prima volta, ero pronta a coprirmi la faccia. Sì, non ne posso più di questa violenza. Soprattutto quando so che c’è del vero. Preferisco gli zombie, allora. Roba finta. Pomodoro che sa di esserlo.
Sì, è un film sull’odio. Ma non è affatto fantascienza!
È tutto vero. E fa più paura.
E poi un sottotesto che tanto sotto non è: immigrazione, intolleranza, zingari, romeni, case occupate, case popolari, padri-figli, separazioni, croci celtiche in raduni di giovani che mi pareva This is England, ma era un’altra epoca, eppure… a volte ritornano. E un altro giro di budella.

Pensavo poi, ad un certo punto, che il film deviasse cambiando prospettiva e, in un certo senso, l’ha fatto. Questo ha decretato in qualche modo la condanna al sistema (italiano!?) e allo stato, di conseguenza, che non interviene e non dichiara, non apre gli occhi, non spegne interruttori per riaccenderli, con una luce più pulita. Non esiste. "Lo stato, lo stato…" come imprecava tuonando Rosaria Schifani al funerale di Falcone, nel 1993. E cos'è cambiato, mi chiedo. Ci chiediamo.

Dunque il messaggio finale, detto in molte lingue, parafrasando occhiate, spintoni e poi, molto chiaramente, è che “c’è del marcio in … Danimarca”. Anche se questo lo diceva Marcello in Amleto e il marcio è tutto italiano, mi sa, ma il marcio è un concetto che rende.

La distribuzione e l’afflusso in sala a Roma andrà benissimo, data la vicinanza degli adolescenti romani a temi e lingua parlata nel film. Temi… perché la criminalità, la violenza, gli stadi tirano sempre. Eppure ho paura. Quando guardo i film che raccontano di teppisti o poliziotti corrotti/violenti temo orde di ragazzi che hanno bisogno di un idolo e che troppo facilmente si ritrovano in finti eroi. Vedi This is England, appunto e tanti altri film, ma basta dare un'occhiata alle notizie di cronaca. Del resto, chi ha scritto il libro è un giornalista d'inchiesta...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

oddio avevo letto la recensione e non mi ispirava x nulla!!! me lo confermi

Robiciattola ha detto...

mah, io l'ho trovato un bel film. non so che recensione tu abbia letto, ma se io ti ho confermato la sensazione, vuol dire che si tratta di qualcosa in linea con la mia... che dirti? certo, dipende da quello che cerchi e che vuoi vedere. Ma siccome registi italiani validi in giro ce ne sono pochi, allora vedere un film di Sollima, aiuta... :)

Lalla ha detto...

UN MIO AMICO POLIZIOTTO MI SPIEGAVA, CHE LA CELERE è CAMBIATA DOPO GLI AVVENIMENTI DEI gENOVA, E CONFERMAVA IL FATTO, CHE PRIMA DEGLI ULTIMI 10 ANNI, ERA COMUNQUE UNA SEZIONE "DIFFICILE". IO NON HO LETTO IL LIBRO DA CUI sOLLIMA HA TRATTO IL FIL, MA PARE SIA MOLTO DIVERSO DAL FILM, DA CUI, INFATTI, L'AUTORE DEL LIBRO SI è DISSOCIATO.
SPERO DI VEDERLO DOMENICA. BACIO.

Robiciattola ha detto...

@ Lalla: Bonini si è dissociato? Sei sicura? L'hanno pure presentato insieme, ho letto, in Puglia, per esempio... boh.
Si magari quello di Bonini è più cronaca, questo ci mette più retroscena personali, ma alla fine è un buon film, fatto e recitato bene. Le conclusioni non sono, credo, motlo lontane dalla realtà, ahimè, per chi non è cieco.

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