lunedì 2 gennaio 2012

Svetlana Allilueva (Mosca, 28 febbraio 1926 – Richland Center, 22 novembre 2011)

Nella libreria del mio salotto, in Calabria, c'è un mucchione di libri che ricordo sempre, anche per la loro posizione, i loro colori, le copertine un po' a effetto per essere saggi storici...
Uno in particolare, tra gli altri, era Venti lettere ad un amico di Svetlana Allilueva (Mosca, 28 febbraio 1926 – Richland Center, 22 novembre 2011) che scopro essere morta lo scorso 22 novembre all'età di 85 anni, negli USA.
Era la figlia di Stalin. si, quello Stalin. Una figlia che ha combattutto il padre, che è stata allontanata dal suo paese, che ha viaggiato, che si è molto sposata, che ha denunciato il regime del padre dall'estero.
Oggi non c'è più lei, ma il suo libro è un po' riaffiorato ed è arrivato il momento di leggerlo.

Tra le frasi del libro, riportate in un articolo che ho letto, mi rimane impressa questa:
"non esiste una distinzione tra comunismo e capitalismo ma solo tra uomini buoni e cattivi"
perché è molto simile a una riflessione che ho fatto anche io, spesso:
sto maturando l'idea che che i totalitarismi della storia, le dittature, messe in campo da despoti di destra o di sinistra, non siano figlie davvero delle ideologie politiche di cui questi uomini si sono fatti portatori. Sto pensando realmente che i vari Hitler, Stalin, Pol Pot, Miloshevic, etc... erano semplicemente dei pazzi furiosi. O uomini cattivi, per dirla in accordo con Svetlana!
Vi parrà semplicistico, ma a me sembra che - stringendo - il loro modus operandi fosse molto affine - per quanto concerne i milioni di morti di cui si fecero mandanti - e, quindi, non possiamo pensare di ricondurre tutto alla stessa ideologia! Piuttosto, appunto, io parlerei di patologia. Quella sì!

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